Villa Bassi e Indro Montanelli
Nel secolo scorso la villa ospitò il celebre giornalista e scrittore Indro Montanelli. Infatti, durante l’infanzia e la gioventù di Indro, il padre Sistilio e la madre Maddalena vi trascorrevano lunghi periodi di vacanza, in compagnia del proprietario Emilio Bassi, allora sindaco di Fucecchio, e della moglie Ida Leonori Cecina. Durante i lunghi periodi trascorsi in villa, il giovane Indro si affezionò alla famiglia Bassi al punto di considerare e chiamare ‘nonni’ i proprietari Emilio e Ida. Successivamente Montanelli volle vedere associato il proprio cognome alla famiglia Bassi, dando vita, nel 1987, alla Fondazione Montanelli Bassi di Fucecchio. Nel 2011, la Fondazione organizza un concerto nello splendido parco di Villa Bassi per commemorare il decimo anniversario della scomparsa di Montanelli.
Da allora la Villa ospita eventi culturali, ricevimenti, matrimoni, battesimi e comunioni. Nella casa padronale è possibile visitare le camere di Montanelli e dei Nonni.
La Villa e la memoria di Montanelli
La villa Bassi delle Vedute è anche stata il sogno di Indro Montanelli, uno dei luoghi a lui più cari, il suo “giardino dei ciliegi”. Così infatti lui la chiamava, ricordando il felice tempo in cui vi dimorava da ragazzo, presso la famiglia del sindaco Emilio Bassi. La villa, scelta come luogo per i concerti dedicati all’illustre giornalista, fa anche parte di itinerari culturali celebrativi della sua memoria.
Video su Montanelli e Le Vedute
Nel «salotto bono» di nonna Ida
I l Natale 1949, per Indro Montanelli, è un Natale malinconico, «compiaciutamene malinconico», la vigilia consumata in un ristorante milanese, il «Covino». E il giorno dopo ne scrive a un’amica intima, alla quale ormai da un anno invia lettere, mettendo insieme un diario, quasi – come lui arriva ad affermare – un romanzo ad personam, che chissà quando mai potrà essere fatto conoscere al grande pubblico.
In quel 26 dicembre il pensiero primo è per i genitori, si sente che soffre, e che quella sofferenza la deve principalmente al suo caratteraccio («infelice carattere», lo definisce), ereditato dal padre Sestilio (Afferma: «Siamo così uguali, anche con lui la confidenza mi è difficile»). Ma pensa anche a Ida Leonori Bassi, la donna da lui considerata «nonna» e amata come tale. Alla quale ha concesso quel che non ha concesso – ammette – a mamma Maddalena. E’ un pensiero fisso, nato lui bambino i primi approcci con la villa della Vedute, bella in un luogo bello, ai margini della via Francigena.
E nonna Ida si trova in molti scritti, fino ad arrivare a essere la protagonista di «Gente qualunque», libro di successo.
«Da quando nonna Ida è morta – avevo diciannov’anni – sono andato sempre in cerca di due mani simili alle sue. Forse Giulia ne aveva di eguali, ma mi fecero troppo poche carezze e la felicità che mi promettevano rimase sempre lontana, intravista appena. Le mani di nonna Ida invece questa felicità me la davano appieno, anzi si confondono con essa. Forse è un bene che sia morta così presto, lasciandomi vile soltanto a mezzo: nel rimpianto, non anche nella speranza, della felicità». Così scrive Indro Montanelli in «Commiato dal tempo di pace». Nonna Ida non era sua nonna, ma un’amica di famiglia. Indro, comunque, le vuole bene al punto da immaginare la parentela, come vuole bene a Emilio Bassi, suo marito, proprietario terriero, sindaco di Fucecchio dal 1898 al 1919, e lo chiama nonno, e con l’andar del tempo non cambia idea, il suo cuore incatenato alla villa delle Vedute, sulla colline delle Cerbaie, a Fucecchio. E nel far nascere la fondazione, ormai in là con gli anni, vuole che il cognome Bassi sia insieme al suo.
Di nonna Ida, Indro parla spesso e volentieri. In «Gente qualunque», descrive il suo salotto, il «salotto bono». Quel salotto che, Montanelli ragazzo, si apre due volte la settimana. Arriva Ferdinando Martini da Monsummano, Renato Fucini da Empoli e il colonnello Ottocarri di Poggio, in alta uniforme, con tanto di attendente. Arriva anche Ojetti. Arrivano tanti altri. Conversazioni dotte, uso del francese, nonna Ida sempre pronta a rimproverare con i suoi occhi dolci chi si lascia andare, nella foga del discorso, a espressioni non adatte a quel salotto. «Il salotto bono di Le Vedute – confessa Ferdinando Marini a nonna Ida – è il mio Arno. Io ci vengo a risciacquare i miei panni». E Fucini, arrivato alle Vedute, per leggere in anteprima alcuni suoi sonetti, si rivolge a nonna Ida per dirle: «Li leggo ma in biblioteca, perché non è roba da salotto bono».
I giorni del salotto bono – annota Montanelli – sono quelli di particolari vestiti, di un particolare vinsanto e di particolari letture. E finisce con la morte di nonna Ida. Ed è giusto che sia così. Per quali motivi dovrebbe continuare? Come potrebbe continuare? «Nonno e Nonna – sottolinea – giacciono nella Cappella di fronte, dietro una lapide di marmo. Il mondo del salotto bono se lo sono portato lì dentro, l’unico posto dove può serbarsi intatto, al riparto dalla modernità. E forse ve lo hanno riaperto per le ombre che nell’al di là li hanno preceduti o raggiunti. Ma sono sicuro che nemmeno ora si riuniscono più di due giorni alla settimana e continuano a darsi del lei e a chiamarsi eccellenza, colonnello e cavaliere».
(IL TIRRENO 24 dicembre 2002)
Maggiori informazioni sono consultabili sul sito Fondazione Montanelli Bassi